di Riccardo Papini

La natura dell’uomo ha sempre affascinato numerosi studiosi nei secoli e ancora oggi non si è arrivati ad una risposta per fortuna, altrimenti nessuno avrebbe più lo stimolo ad approfondire questo tema.

L’articolo ha lo scopo di far riflettere sul nostro modo di far politica che vuole mettere in risalto la praticità del nostro modo di essere. E qui ora, giunti a questo punto, è interessante toccare il tema principale dell’articolo: essenza o apparenza? Per essenza intendiamo l’Individuo compresosi Uomo, mentre per apparenza intendiamo l’Uomo corrotto in Individuo Appare a prima vista sibilante e criptica questa definizione, ma intrinsecamente nasconde molto più significato di quello che si crede. Innanzitutto definiamo Individuo la persona tipicamente legata al mondo moderno, allo stile di vita consumistico e al materialismo peggiore che si può pensare, mentre con Uomo intendiamo l’animale sociale aristotelico, ovvero colui che interiormente sa già che prima di lui esiste un vago concetto che possiamo riassumere in Stato o anche Bene Comune. Ebbene, in linea di massima esistono varie interpretazioni al riguardo ed esse dipendono dalla concezione che si ha della Storia: se la consideriamo in ottica illuminista e positivista come un progresso tecnico, giuridico e scientifico allora vedremo come necessario lo sviluppo della civiltà e delle persone facenti parte verso un maggior benessere di queste ultime e come fine il raggiungimento della Felicità individuale. Ma cos’è la Felicità?
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di Bruno Perazzolo

Nel 1887 Ferdinand Tonnies scriveva “Comunità e Società” tratteggiandone le caratteristiche più importanti. Il film rappresenta una comunità in disfacimento senza che si possa trovare alcun colpevole. Alla fine la sospensione di ogni possibile giudizio sui personaggi che “provocano la crisi” appare come la scelta più equa. Due amici prendono strade diverse di fronte al destino che accomuna tutti gli esseri umani: quello della morte.Continua

di Bruno Perazzolo

Se, come sostiene Aristotele, è vero che l’uomo è, per sua natura, un essere sociale, nel senso comunitario del termine, è anche vero che tale potenzialità, che i biologi qualificano come “genotipica”, per manifestarsi in concreto (fenotipicamente) richiede l’incontro con una serie di condizioni ambientali favorevoli in assenza delle quali l’organismo prende altre strade. Strade che, giustamente, Daniela Mario, nel suo articolo “individualità e collettività: due facce della stessa medaglia” definisce “autodistruttive”. Si tratta, con tutta evidenza, di un esito allarmante derivante dalla perdita di legami con l’ecosistema e con i propri simili,

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PensarBene: Testo redazionale

Fare davvero i conti con l’eredità del consumismo, richiede di riconsiderare il tipo di libertà di cui ha potuto beneficiare il cittadino della società del benessere, e scoprire che, in buona parte, si tratta di una libertà “tossica”, e che è venuto il tempo di chiederci se non vi sia una prospettiva più umana dell’essere liberi.

L’individuo che conosciamo – e di cui ognuno di noi porta i tratti – avverte con grande intensità l’esigenza di distinguersi dalla massa e di essere riconosciuto, se non apprezzato, dagli altri per questa sua unicità. Ma finisce per assumere comportamenti che contraddicono questo suo giusto desiderio, in quanto il progressivo sgretolamento dei modi di vita tradizionali ha sottratto alle persone, ed in particolare ai giovani, l’ancoraggio di senso che consente al proprio io di abitare il proprio tempo riconoscendosi parte di un tutto.Continua