Dario Nicoli

Smentendo i brevi barlumi di ottimismo suscitato dai dati del 2015-17 e dalla frenata del 2021-23, di nuovo la curva demografica del nostro Paese ha ripreso a scendere. Il numero di figli per donna è ora di 1,2, un valore che fa del nostro popolo, assieme a quello spagnolo, il più sterile di tutto l’Occidente. Ma il calo del 3,4% rispetto all’anno precedente imprime un’accelerazione ancora più accentuata alla caduta della natalità. Segno che non abbiamo ancora toccato il fondo dell’inverno demografico e che potremmo presto raggiungere il non invidiabile primato mondiale della Corea del Sud, all’ultimo posto con 0,8 figli per donna……….
Ma a colpire è la rassegnazione che si coglie tra la gente comune, un atteggiamento differente dal disinteresse di chi scuote le spalle perché egoisticamente concentrato sul proprio piccolo mondo; è piuttosto una disillusione per partecipazione, in quanto si avverte una consonanza tra il crollo delle nascite e il senso di straniamento del vivere che si prova, accentuato dalle tragiche notizie di giovani che compiono violenze su coetanei o addirittura uccidono senza mostrare poi segni di pentimento. Ed è frequente sentire la frase “di fronte a questo ti passa la voglia di mettere al mondo un figlio”.Continua

Carmen Gatto

Cosa c’è di più terribile per una famiglia, ed un’intera comunità, di perdere tutto, o quasi, per un’alluvione? È quello che sta accadendo sempre più frequentemente a causa del mutamento del clima, della vulnerabilità idrogeologica del nostro territorio aggravata dalla sua antropizzazione. Negli ultimi due anni ad essere particolarmente colpita è l’Emilia-Romagna, dove nel maggio del 2023 sono esondati 23 fiumi e si sono allagati 540 chilometri quadrati di terreno, causando la morte di 17 persone.

Ma è proprio in queste situazioni estreme che spesso emergono temi e valori che sembravano essere stati dimenticati nel tempo: solidarietà, comunità e senso di appartenenza. Davanti a situazione di difficoltà e tragedia, lo spirito di gruppo e il senso di solidarietà sono l’unico sollievo. Quando l’acqua e il fango si facevano largo per le vie e le piazze della Romagna, la perseveranza e il supporto reciproco si sono imposti come protagonisti di questo periodo grigio. I concetti quali “comunità” e “senso di appartenenza” si sono concretizzati nella realtà. Enti, aziende, cittadini, immigrati, adulti, bambini e adolescenti, si sono attivati per essere di supporto per coloro che hanno visto i ricordi di una vita essere portati via da un disastro naturale.
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Bruno Perazzolo

“Nessuno dovrebbe venire a New York se non ha voglia di essere fortunato” E.B. White

Cosa leggere per cogliere l’anima di New York, probabilmente la città più celebrata del pianeta?
Com’è solito fare, nell’arco di pochi minuti, Antonio Monda fornisce, con pochi cenni carichi di significato, importanti consigli su film e letture. Continua

Bruno Perazzolo

Nella bella canzone, “Il Testamento”, scritta e interpretata da Fabrizio De André nel lontano 1963, il protagonista prima si fa beffe dei vivi che restano e della morte e, poi, chiude con una affermazione che ha tutto il sapore di una sentenza definitiva “cari fratelli dell’altra sponda cantammo in coro giù sulla terra, amammo in cento l’identica donna, partimmo in mille per la stessa guerra. Questo ricordo non vi consoli quando si muore si muore soli”. Ricordo che anche mia nonna, classe 1906, sosteneva qualcosa del genere citando spesso un proverbio veneto “morta mi e la me testa mando in mona quei che resta” (non so se sia scritto correttamente nel dialetto veneto, ma il testo, mi sembra, non lasci comunque spazio a fraintendimenti). Si tratta, probabilmente, di un atteggiamento universale di fronte alla morte diffuso in tutte le culture e in ogni tempo. Un modo sarcastico di prendere congedo da chi resta esorcizzando la paura. Un’attitudine che, dunque, non va confusa con un fatto assai più recente e, direi, tipico dell’occidentale moderno: la morte in solitudine.
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Da un anno circa abbiamo aperto nel nostro blog la rubrica “storie d’incanto”. L’articolo di Benedetta, che ringraziamo, rappresenta perfettamente lo spirito che anima l’insieme dei contributi che, man mano, stiamo raccogliendo sotto questa categoria ……….

Benedetta Nicoli

Casa Amoris Laetitia è una struttura residenziale che offre servizi sanitari e socioassistenziali a minori, soprattutto bambini, con disabilità molto gravi ……
La Casa ospita anche i genitori, i fratelli e le sorelle dei bambini cui viene dedicata assistenza. Infatti, una delle principali convinzioni alla base della Casa è che immaginare il bambino separatamente dalla sua famiglia è un’astrazione che rischia di compromettere l’intero servizio di assistenza …………..
I dirigenti, gli operatori, i volontari entrano pensando di offrire aiuto e amore ai bambini con gravi fragilità, ma alla fine si accorgono che sono loro a venire investiti di un amore smisuratamente più grande….Continua

Dario Nicoli

In un recente articolo sul Journal du dimanche la filosofa francese Chantal Delsol afferma una verità indiscutibile: la società dell’individualismo non è comparsa all’improvviso da un retaggio patriarcale, ma è avvenuta come diffusione di una prerogativa esclusivamente maschile: l’uomo pensava a se stesso (ma anche alla vita sociale e politica) mentre la donna si occupava dei familiari. La novità consiste quindi nell’estensione dell’individualismo alle donne, convinte che “essere egoisti come un uomo deve essere bello: perché noi non possiamo?”. La nostra è quindi una società dell’individualismo reso democratico.
Si è diffusa la famiglia monoparentale con mamme che si occupano da sole dei propri figli, ma senza padre, di cui magari si sta prendendo cura un’altra donna. Ma non si è neppure realizzata l’estinzione della famiglia, secondo le previsioni degli anni in cui stava accadendo la rivoluzione dei costumi. Si è manifestata piuttosto una grande variabilità di “famiglie”: tra conviventi, con varie combinazioni di generi, tra divorziati, allargate, sposate…
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Bruno Perazzolo

“De gustibus non est disputandum”, secondo il vocabolario Treccani, è una frase latina NON classica che sta a significare “che i gusti sono soggettivi e ognuno ha diritto ad avere i suoi, per quanto strani possano sembrare ad altri”. È, questo, un motto che si adatta perfettamente all’utilitarismo. Cos’è bene? Cos’è male? Ognuno, nei limiti dell’ordine pubblico, non solo, di fatto, la vede a modo suo, ma, persino, ha diritto di vederla come gli pare. Alcuni potrebbero trovare utile o, addirittura, “moralmente obbligatorio” bluffare in affari[1], altri potrebbe scoprire gratificante aiutare le persone in difficoltà. Questione di gusti e fare classifiche sarebbe sbagliato. Ognuno ha le sue preferenze e l’utilitarista le pone tutte sullo stesso piano e ne misura “il piacere” che deriva dal corrispondervi, sempre con lo stesso metro. Sta qui il punto di maggiore condivisione tra liberalismo e utilitarismo ……

Andando, però, oltre la condivisione di questo fondamentale principio dell’Occidente e della Modernità, tra Utilitarismo e Liberalismo iniziano i guai.Continua

di Bruno Perazzolo

Nora e Hae sono due ragazzini legati da una profonda amicizia. Un legame tanto semplice quanto forte che lascia intravvedere un amore incorruttibile. Appartengono, però, a famiglie con stili di vita molto diversi. Nora è figlia di intellettuali cosmopoliti. Gente “senza patria”, in perenne movimento alla ricerca delle migliori opportunità. Hae appartiene ad una famiglia più modesta, saldamente radicata nella tradizione coreana. A causa del trasferimento negli USA dei suoi genitori, la piccola Nora si separerà da Hae spezzando, così, irreparabilmente, un filo, un destino, un “ordine del mondo” costantemente rinnovato dalla scoperta di affinità elettive accompagnate dal racconto di “generazioni che si succedono reincarnando, nei figli, gli antenati”. Continua

Bruno Perazzolo

L’articolo pubblicato su Avvenire lo scorso luglio, a firma di Francesco Totaro, ribadisce un principio già abbondantemente presente nel diritto internazionale: il diritto dovere alla solidarietà tra gli Stati e l’obbligo del sostegno, a carico della comunità internazionale, verso tutte le popolazioni che subiscono violazioni dei fondamentali diritti umani. Ciò nell’ottica della pace, dell’ordine e dell’equità mondiale, ovvero dell’effettivo esercizio dell’uguaglianza e della libertà di ciascuna persona. In questo senso non sembra suggerire nulla di nuovo. La questione critica, pertanto, mi pare stia altrove. Se è vero, com’è vero, che le persone si riconoscono come parte di diversi sistemi sociali cui, di norma, sentono di appartenere (famiglia, comune, nazione, chiesa, associazione, l’umanità dell’intero pianeta), gli obblighi e i diritti reciproci di solidarietà sono sempre gli stessi o, per esempio, il fatto della prossimità, cambia qualcosa?Continua

di Dario Nicoli

Come dicono i filosofi, l’esistenza umana è posta entro un paradosso. Vuol dire che è combattuta tra due pulsioni che sembrano tra di loro inconciliabili: affermare se stesso nel superare se stesso. Ma questo superamento dovrebbe avvenire secondo una dinamica che scaturisce dall’appartenenza ad un mondo di vita comune. Quindi riguarda ancora il proprio io, quella vita dell’individuo che è compresa nel noi.

L’opera del superamento di sé appare particolarmente ardua nei nostri tempi, soprattutto perché l’io ha troppe cose da conservare e troppi pensieri da cui doversi distaccare. Il cittadino dell’Occidente porta sulle spalle il peso di un ego non indifferente, che rappresenta sia un’opportunità (ricerca di pienezza) ma anche una gabbia (dominio dell’ego). Ecco due esempi letterari, con esiti contrari, ambedue tratti dallo stesso tentativo di liberazione da se stessi, quello che si compie nel viaggio e nell’avventura.
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