Dove ci troviamo?

La chiave di lettura che riteniamo più appropriata per comprendere il nostro tempo è la “fragilità”:

  • Sul piano planetario è evidenziata dalla debolezza degli assetti economici e politici e rivela una carenza di visione e di leadership; una situazione aggravata dall’uso strumentale dei fattori di crisi da parte di forze rese pericolose dalla narrazione populista e dalle insorgenze nazionaliste che alimentano scenari rischiosi per la pace.
  • Sul piano sociale si nota una progressiva trasformazione degli ordinamenti secondo una visione esasperata dei diritti individuali, senza che a questi corrispondano altrettanti doveri di solidarietà e di rinuncia ad opportunità che ledono il legame sociale. Legame che, in tal modo, risulta precarizzato anche a causa della scarsità di veri legami di fraternità e di cura.
  • Sul piano esistenziale si risente decisamente del passaggio dall’epoca della disciplina all’epoca della performance, in cui gli “individui sovrani” essendo sottoposti al continuo stress del mostrarsi sempre all’altezza, sono resi fragili dalla fatica di essere se stessi.

Da ognuno di questi ambiti emerge una forte esigenza di punti di riferimento: modelli di governo e di azione orientati da una strategia di lungo periodo capace di un futuro significativo, all’altezza della dignità umana; comunità dotate di legami di fratellanza e cooperazione in cui le persone possano ritrovarsi e fornire il proprio contributo al bene comune; universi di senso in grado di liberare gli individui dalla paura e dalla superstizione dell’autorealizzazione, capaci di mettere in comunicazione (“religione” significa relazione) la terra ed il cielo e di ridare speranza nell’opera umana e nel futuro.

In cosa confidiamo?

Noi confidiamo nella capacità della Civiltà occidentale di rinnovare se stessa tornando ad alimentarsi, in modo creativo e adatto al tempo che si sta delineando, dei valori forti della sua tradizione: persona, pace, comunità, democrazia, educazione, lavoro, apertura, tensione al miglioramento.
Come Orfeo che, di fronte al canto ammaliante e mortifero delle sirene, imbracciata la cetra, eleva agli achei un “canto vivace / con rapido ritmo, in modo che le loro orecchie / rimbombassero di quel rumore, e la cetra / ebbe la meglio sulla voce delle fanciulle” (Apollonio Rodio, Argonautiche), così anche noi, come fratellanza culturale, vogliamo elevare un piccolo, nitido canto tanto appassionato quanto ragionevole. Un canto che parli dell’alta destinazione della civiltà occidentale e della promessa di umanità piena che ci è stata consegnata dai grandi che ci hanno preceduto. Un canto che narri della necessità di liberarci dagli errori e dalle scorie del tempo per rinnovare il fuoco dell’ideale di una vita di “virtù, cura e conoscenza”.