di Bruno Perazzolo

Nel 2013 Graeber scrive, su richiesta della rivista radicale “Strike”, un articolo intitolato “sul fenomeno dei lavori del cavolo”. Inaspettatamente il testo – che parte dal fallimento della profezia keynesiana delle 15 ore di lavoro settimanali nel 2000, per arrivare ad ipotizzare l’attuale, diffusa insoddisfazione per il lavoro retribuito, ritenuto spesso inutile o dannoso – assume carattere virale. Insomma, un notevole successo fatto di denunce, per lo più anonime, al limite della formazione di un vero e proprio movimento politico. …
Per fare qualche esempio di “lavoro del cavolo” (il testo, di esempi, ne riporta in abbondanza), citerei la categoria dei “tirapiedi”, ossia lavoratori il cui compito esclusivo è quello di far sentire e/o apparire importante qualcun altro. Chi lavora nella scuola dovrebbe, poi, conoscere bene il tipo del “barracaselle”, impegnato a compilare moduli e a redigere relazioni che mai nessuno leggerà. Oppure, l’altro caso del “supervisore”, occupato in ruoli la cui unica funzione è quella di dare l’impressione che l’organizzazione aziendale svolga controlli che, in realtà, non svolge affatto. Nel settore del marketing e della finanza si incontrano, da ultimo, i casi più frequenti ed eclatanti di lavori del tutto dannosi che, mentre procurano una certa utilità a qualcuno, appioppano dispiaceri di gran lunga maggiori alle loro vittime. Un film che può aiutare a comprendere bene il fenomeno è quello di Paolo Virzì, 2008, “tutta la vita davanti”.

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di Dario Nicoli

Parafrasando il Sommo poeta, possiamo definire lo scopo del nostro cammino con la frase: «Comunità andiam cercando, ch’è sì cara»
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Quale forma di vita comune stiamo cercando? ……….. Due sono le caratteristiche della nuova comunità: essa riguarda la nostra “vita nel mondo” quindi va oltre la sfera individuale ………….. essa corrisponde ad uno spirito di dedizione che scaturisce dall’anima della persona che si conforma ad un modo di vita profondamente umano e rispettoso dell’intero creato
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Perché la comunità ci è tanto cara?
La possibilità di vivere in comune in modo autentico ed unificato è diventata un’esigenza sempre più impellente, allo scopo di sottrarsi alla “vita cattiva” di cui facciamo continuamente esperienza
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Il nostro contributo come Pensarbene consiste nella ricerca e nella manifestazione dei segni di nuova comunità, così come descritta, che esistono già nelle trame della vita nel mondo, per metterne in luce il carattere epifanico in quanto rivelazione o manifestazione di un bene in atto nella vita nel mondo. Lo cerchiamo nelle comunità locali, nelle opere altruistiche che si prendono cura del senso di appartenenza e dei legami che tengono unito il popolo, nelle attività economiche orientate ad uno scopo buono e dotate di un’anima, negli avvenimenti di meraviglia e di risonanza, specie quelli più piccoli e quotidiani.Continua

di Bruno Perazzolo

Tentativo di un ulteriore approfondimento a partire dalle osservazioni critiche di Clelia Dal Lago e di Sara Parola all’articolo “il capitalismo quasi non esiste!

Mi pare che le osservazioni critiche di Sara e Clelia dipendano dal fatto che, nel mio articolo “il capitalismo quasi non esiste!”, dal tentativo di distinguere i concetti di scambio e di dono e di valore di mercato e valori sociali, sia derivata l’idea che, nella realtà, queste dimensioni si escludano vicendevolmente, ovvero che, in concreto, non possano convivere. Da qui l’approfondimento che propongo.

Il primo luogo la questione dello scambio. Sono d’accordo sul fatto che lo scambio, salvo, forse, nelle forme più primitive e isolate di società, è sempre esistito e, probabilmente, continuerà ad esistere. Non è però l’unico modo – e, in molti casi, per esempio nelle società tradizionali, non è neppure il modo più importante – nel quale si crea valore. Soprattutto ne esiste un altro, IL DONO, che è tipico di quella forma particolare di relazione umana che chiamiamo Comunità ………………

Altro argomento: quello dei “lavori senza senso”, che concorrono a gonfiare il PIL senza creare alcuna, vera, ricchezza.

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di Bruno Perazzolo

Questo saggio breve, salvo qualche piccolo aggiornamento, è stato scritto nel marzo del 2019. Tuttavia, nel confronto tra individualismo, comunitarismo e beni comuni, credo resti, in quanto riflessione incentrata su un caso concreto, attuale e, spero, anche interessante.

Le riflessioni che sottopongo al lettore, sono fortemente legate all’esperienza maturata in un contesto eminentemente locale quale quello del Comune di Biandronno. Poiché, come succede praticamente sempre, il piccolo riflette il grande, al fine di evitare il rischio del provincialismo è necessario ricondurre le proprie ipotesi ad una visione più ampia.

Quello che il bruco chiama “fine del mondo”, il resto del mondo lo chiama farfalla.
(Lao Tzu)

La cura dei beni comuni: il lago di Varese.

In economia un bene comune si dice non escludibile e rivale, a differenza dei beni normalmente acquistati sul mercato che sono escludibili e rivali. Tradotto: mentre i primi sono accessibili a tutti i secondi no. Per il resto sono, entrambi, rivali, cioè, scarsi: se qualcuno li utilizza ne restano di meno per gli altri. Da qui quella che alcuni hanno apostrofato come “la tragedia dei beni comuni”.
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di Bruno Perazzolo

Esistono due modi di intendere il termine “Ideologia”. Uno, dispregiativo, secondo il quale l’ideologia è la “falsa coscienza di una società”. Una specie di “bella bugia” che ci raccontiamo volentieri per continuare, sotto sotto, a “fare gli affari nostri”. L’altro, invece, più nobile, vede nell’ideologia un fattore fondamentale della convivenza umana …………… attribuendo un senso che gerarchizza cose ed eventi che, diversamente, sembrerebbero solo “disordinato rumore”……..
Per quanto alcuni, pensando di essersi “fatti da soli”, fatichino ad ammetterlo, siamo tutti figli di un’ideologia che, mettendo in luce certi aspetti della nostra vita, fatalmente ne mette in ombra altri. In particolare, la nostra, occidentale e moderna, facendo emergere l’individuo ……………. ha messo al centro delle relazioni umane il contratto ……………. ma la realtà non è fatta solo di contratto ……Continua

di Natanail Danailov

Il 7 novembre 2023 si è svolto il nostro secondo incontro-intervista, facente parte della serie che riguarda i temi della comunità e del territorio. Vista la nostra costante ricerca di esempi che sostengano la nostra ipotesi, che sottolinea l’importanza di un’identità territoriale e un senso di appartenenza da parte delle persone abitanti un territorio, alcuni membri della nostra associazione ci hanno messo in contatto con una realtà che, a posteriori, posso affermare essere un vero e proprio modello di questa nostra idea: il Comune di Pinerolo (TO).Continua

di Dario Nicoli

La grande mobilitazione del neo comunitarismo va vista come un tentativo di risposta immediata alla solitudine che caratterizza il tempo nuovo; essa offre a chi abita nel territorio occasioni di appartenenza e di vita in comune, ma queste esperienze consentono, innanzitutto nel linguaggio, un riconoscimento ed una consolazione verso quello smarrimento esistenziale di chi afferma, come dice Vasco Rossi, “ora qui…siamo soli…siamo soli…siamo soli…siamo soli…”?

Occorre che nelle esperienze neocomunitarie accada un salto di qualità che vada oltre la dinamica della risposta ai bisogni, per cogliere nell’anima quella perdita dell’incanto che è accaduta con la modernità e la deificazione dell’uomo e della ragione, e che ha portato allo strapotere della tecnica ed allo smarrimento dell’io.

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di Dario Nicoli

Per cercare di comprendere se il territorio stia diventando una nuova comunità, nell’incontro di Pinerolo del 7 novembre scorso abbiamo riunito cinque mondi: il Comune, la Scuola, l’Economia, le Chiese e la Comunicazione per comprendere se sono attive forze che, pur essendo minoranza, vedono con chiarezza il nuovo tessuto dei bisogni della popolazione e giocano le proprie risorse nella direzione neo-comunitaria.

Provo a riassumere in tre punti ciò che è emerso dall’interessante e sorprendente incontro.Continua

di Bruno Perazzolo

Cosa significa appartenenza? Esiste un “bisogno del dovere”? “Libere” riflessioni suscitate dall’incontro – intervista di Pinerolo del 7 novembre ’23

 Se c’è una cosa che credo di aver capito dopo gli incontri di Biandronno (aprile ’23) e Pinerolo (novembre ’23) dedicati alla “Nuova Comunità” è quello che potrei chiamare “il bisogno del dovere; il bisogno di avere un compito” che fa dell’uomo solo (dell’individuo atomistico) un uomo triste e, spesso, disperato. In fondo credo che appartenenza significhi proprio questo: il bisogno di sentirsi parte di qualcosa che ci trascende e, perciò, ci obbliga ad agire in certo modo a prescindere dal calcolo utilitaristico.

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L’Incontro – Intervista, organizzato dalla nostra Associazione di concerto con l’Amministrazione Comunale di Pinerolo, prosegue l’inchiesta sulla Nuova Comunità iniziata a Biandronno con le Associazioni di Volontariato lo scorso aprile. A differenza di Biandronno, questa volta, ad essere interpellate saranno le Istituzioni Locali, ovvero l’altro elemento necessario che, insieme all’Associazionismo, costituisce il nucleo di una “Comunità Locale Viva”.

Visione e ipotesi della ricerca

La nostra epoca si caratterizza per l’elevata mobilità delle persone, i continui cambiamenti, l’innovazione tecnologica. Ciò, combinato con una cultura fortemente individualistica, ha reso più precari i rapporti umani nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nel vicinato e con gli amici. Tutto questo è stato pagato con una crescente solitudine e sofferenza in quanto l’uomo è, per sua natura, un essere sociale….
Da questa stessa condizione, emerge, però, anche un desiderio di autenticità e di nuove forme di comunità e lo si vede in molte situazioni.
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