“Ciò che il denaro non può comprare”

di Bruno Perazzolo

Allo scopo di introdurre coloro che avranno il piacere di condividere con noi l’approfondimento del tema della Giustizia a partire dall’opera di Michael Sandel, ho pensato possa essere utile l’ascolto di questo video intitolato “Ciò che il denaro non può comprare”. Il motivo della scelta è chiaro: i contenuti del documento si pongono in perfetta continuità con il lavoro di ricerca che la nostra associazione sta realizzando praticamente dal momento in cui si è costituita (al riguardo si vedano le note a piè di pagina), mettendo al centro del nostro “confronto”, prima il tema delle “sfide della democrazia” e, successivamente, quello del “rapporto tra la libertà e la comunità”. Provo, ora, a giustificare questa mia affermazione.
La prima parte della conferenza mette in evidenza la progressiva “mercificazione di tutto”, sino al punto che, secondo  Sandel, da circa 30 anni, siamo passati da un’”economia di mercato” ad una “società di mercato”. Naturalmente non si tratta di una novità assoluta. Autori classici quali Ferdinand Tönnies e Karl Marx, ad esempio, avevano ampiamente argomentato e previsto anzitempo questo fenomeno. Ora, però, esso si dispiega sotto i nostri occhi passando, per così dire, “dall’idea alla materia” in maniera quasi provocatoria. Di questi “casi provocatori”, il video è ricolmo anche perché è nello stile di Sandel fare ampio ricorso all’esempio nell’illustrazione dei concetti che intende sostenere o confutare.
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di Bruno Perazzolo

Nel 2013 Graeber scrive, su richiesta della rivista radicale “Strike”, un articolo intitolato “sul fenomeno dei lavori del cavolo”. Inaspettatamente il testo – che parte dal fallimento della profezia keynesiana delle 15 ore di lavoro settimanali nel 2000, per arrivare ad ipotizzare l’attuale, diffusa insoddisfazione per il lavoro retribuito, ritenuto spesso inutile o dannoso – assume carattere virale. Insomma, un notevole successo fatto di denunce, per lo più anonime, al limite della formazione di un vero e proprio movimento politico. …
Per fare qualche esempio di “lavoro del cavolo” (il testo, di esempi, ne riporta in abbondanza), citerei la categoria dei “tirapiedi”, ossia lavoratori il cui compito esclusivo è quello di far sentire e/o apparire importante qualcun altro. Chi lavora nella scuola dovrebbe, poi, conoscere bene il tipo del “barracaselle”, impegnato a compilare moduli e a redigere relazioni che mai nessuno leggerà. Oppure, l’altro caso del “supervisore”, occupato in ruoli la cui unica funzione è quella di dare l’impressione che l’organizzazione aziendale svolga controlli che, in realtà, non svolge affatto. Nel settore del marketing e della finanza si incontrano, da ultimo, i casi più frequenti ed eclatanti di lavori del tutto dannosi che, mentre procurano una certa utilità a qualcuno, appioppano dispiaceri di gran lunga maggiori alle loro vittime. Un film che può aiutare a comprendere bene il fenomeno è quello di Paolo Virzì, 2008, “tutta la vita davanti”.

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di Dario Nicoli

Parafrasando il Sommo poeta, possiamo definire lo scopo del nostro cammino con la frase: «Comunità andiam cercando, ch’è sì cara»
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Quale forma di vita comune stiamo cercando? ……….. Due sono le caratteristiche della nuova comunità: essa riguarda la nostra “vita nel mondo” quindi va oltre la sfera individuale ………….. essa corrisponde ad uno spirito di dedizione che scaturisce dall’anima della persona che si conforma ad un modo di vita profondamente umano e rispettoso dell’intero creato
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Perché la comunità ci è tanto cara?
La possibilità di vivere in comune in modo autentico ed unificato è diventata un’esigenza sempre più impellente, allo scopo di sottrarsi alla “vita cattiva” di cui facciamo continuamente esperienza
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Il nostro contributo come Pensarbene consiste nella ricerca e nella manifestazione dei segni di nuova comunità, così come descritta, che esistono già nelle trame della vita nel mondo, per metterne in luce il carattere epifanico in quanto rivelazione o manifestazione di un bene in atto nella vita nel mondo. Lo cerchiamo nelle comunità locali, nelle opere altruistiche che si prendono cura del senso di appartenenza e dei legami che tengono unito il popolo, nelle attività economiche orientate ad uno scopo buono e dotate di un’anima, negli avvenimenti di meraviglia e di risonanza, specie quelli più piccoli e quotidiani.Continua

di Bruno Perazzolo

Tentativo di un ulteriore approfondimento a partire dalle osservazioni critiche di Clelia Dal Lago e di Sara Parola all’articolo “il capitalismo quasi non esiste!

Mi pare che le osservazioni critiche di Sara e Clelia dipendano dal fatto che, nel mio articolo “il capitalismo quasi non esiste!”, dal tentativo di distinguere i concetti di scambio e di dono e di valore di mercato e valori sociali, sia derivata l’idea che, nella realtà, queste dimensioni si escludano vicendevolmente, ovvero che, in concreto, non possano convivere. Da qui l’approfondimento che propongo.

Il primo luogo la questione dello scambio. Sono d’accordo sul fatto che lo scambio, salvo, forse, nelle forme più primitive e isolate di società, è sempre esistito e, probabilmente, continuerà ad esistere. Non è però l’unico modo – e, in molti casi, per esempio nelle società tradizionali, non è neppure il modo più importante – nel quale si crea valore. Soprattutto ne esiste un altro, IL DONO, che è tipico di quella forma particolare di relazione umana che chiamiamo Comunità ………………

Altro argomento: quello dei “lavori senza senso”, che concorrono a gonfiare il PIL senza creare alcuna, vera, ricchezza.

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a cura della redazione di PensarBene

“Nessuno fa qualcosa per nulla”, “nessuno ti regala niente”, “nella vita tutto dipende da te”. Quante volte abbiamo sentito queste battute pseudo-sapienziali che l’esperienza quotidiana di ciascuno sembra confermare ampiamente. Ce lo ricordano, ogni volta, “subliminalmente”, gli acquisti online, i prezzi esposti nei cartellini al mercato o nei negozi, le imposte che paghiamo allo Stato. Quando, poi, la pubblicità ci mostra “affari da bengodi”, giustamente, insospettiti, ce lo ripetiamo di continuo, quasi a volercelo stampare per bene nella memoria: “attento che nessuna ti dà qualcosa per niente”. Eppure, tutto questo non è che una parte della realtà che, sostenuta dall’ideologia mercatista prevalente, si vorrebbe rappresentasse “tutta la realtà”. Ma non è così!
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di Bruno Perazzolo

Un muro separa la vita della famiglia Höss dal campo di Auschwitz. Lo spettatore è però tenuto, quasi permanentemente, dalla parte della “tranquilla e agiata” quotidianità degli Höss. Sono solo le immagini e i suoni, e poi gli spari che ogni tanto risuonano al di là del muro, ad introdurre il pubblico, piano piano, nel contesto più ampio, un contesto terribilmente interrogante: quello dello “spazio vitale”. Qual è lo “spazio vitale” di un popolo? Di una classe sociale? Lo “spazio vitale” di un clan o di una persona? Ciò che nel film, “la zona di interesse”, maggiormente inquieta non è unicamente la terribile via crucis degli ebrei, dei disabili, degli oppositori politici ecc., non è solo la storia dei campi di concentramento e delle tante altre atrocità naziste. Ad inquietare non è soltanto e non è soprattutto la storia passata. Inquieta il presente e il futuro.Continua

di Dario Nicoli

Nello spazio di pochi mesi sono apparsi due film su altrettanti artisti fondamentali del sessantotto e del periodo ad esso successivo, uniti dall’aver intrapreso percorsi lontani dalla categoria dei cantautori.

A un anno dalla morte, il 18 maggio su Rai 1 è apparso “Il coraggio di essere Franco”, scritto e diretto da Angelo Bozzolini, un itinerario guidato dalla voce narrante dell’attore Alessandro Preziosi e con la preziosa partecipazione di alcuni amici che con lui hanno condiviso la vita e il lavoro artistico, sull’opera e sulla vita di questa figura sorprendente della musica pop con incursioni ……..

Il secondo è “Io, Noi e Gaber”, docufilm scritto e diretto da Riccardo Milani e andato in onda la serata di Capodanno nel giorno dell’anniversario della sua scomparsa, dopo il successo riscontrato nelle sale cinematografiche. Anch’esso è costruito come un itinerario nell’opera e insieme nella vita del genio libero di Giorgio Gaber, dagli inizi nei locali di Milano ……Continua

di Bruno Perazzolo

Questo saggio breve, salvo qualche piccolo aggiornamento, è stato scritto nel marzo del 2019. Tuttavia, nel confronto tra individualismo, comunitarismo e beni comuni, credo resti, in quanto riflessione incentrata su un caso concreto, attuale e, spero, anche interessante.

Le riflessioni che sottopongo al lettore, sono fortemente legate all’esperienza maturata in un contesto eminentemente locale quale quello del Comune di Biandronno. Poiché, come succede praticamente sempre, il piccolo riflette il grande, al fine di evitare il rischio del provincialismo è necessario ricondurre le proprie ipotesi ad una visione più ampia.

Quello che il bruco chiama “fine del mondo”, il resto del mondo lo chiama farfalla.
(Lao Tzu)

La cura dei beni comuni: il lago di Varese.

In economia un bene comune si dice non escludibile e rivale, a differenza dei beni normalmente acquistati sul mercato che sono escludibili e rivali. Tradotto: mentre i primi sono accessibili a tutti i secondi no. Per il resto sono, entrambi, rivali, cioè, scarsi: se qualcuno li utilizza ne restano di meno per gli altri. Da qui quella che alcuni hanno apostrofato come “la tragedia dei beni comuni”.
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di Bruno Perazzolo

Esistono due modi di intendere il termine “Ideologia”. Uno, dispregiativo, secondo il quale l’ideologia è la “falsa coscienza di una società”. Una specie di “bella bugia” che ci raccontiamo volentieri per continuare, sotto sotto, a “fare gli affari nostri”. L’altro, invece, più nobile, vede nell’ideologia un fattore fondamentale della convivenza umana …………… attribuendo un senso che gerarchizza cose ed eventi che, diversamente, sembrerebbero solo “disordinato rumore”……..
Per quanto alcuni, pensando di essersi “fatti da soli”, fatichino ad ammetterlo, siamo tutti figli di un’ideologia che, mettendo in luce certi aspetti della nostra vita, fatalmente ne mette in ombra altri. In particolare, la nostra, occidentale e moderna, facendo emergere l’individuo ……………. ha messo al centro delle relazioni umane il contratto ……………. ma la realtà non è fatta solo di contratto ……Continua

di Silvia Grigolin – Family Way Ets

Sempre più negli ultimi anni sono costretta a constatare che molti genitori e nonni tendono ad iperproteggere bambini e ragazzi da qualsiasi piccola frustrazione e a pensare che le abilità sociali e la capacità di tessere e stare in relazione siano qualcosa di innato, non un apprendimento frutto di accompagnamento.

La prima figura di accudimento del bambino, fin dai primi mesi di vita, in genere la madre, tende a voler evitare al figlio qualsiasi tipo di insoddisfazione. A tal fine non gli permette di esprimere i suoi bisogni, quei bisogni che la natura fa sfociare in pianto. Quel pianto che, dai primi giorni, dovrebbe aiutare le madri o chi si prende cura del piccolo nascituro a conoscerlo, cogliendone i cambiamenti di tono, le sfumature, per rispondere vocalizzando e non solo, alle sue necessità di accudimento psicologico e fisico in modo adeguato. Perché questo prezioso dialogo possa iniziare occorre permettere al bambino di esprimersi. Eppure sempre più spesso non si associa il pianto ad una forma di comunicazione.Continua