di Dario Nicoli

Cosa accade quando un estraneo giunge in un piccolo centro urbano provenendo dalla grande città?
Nell’immaginario di tanti libri e film che rievocano il passato, l’impatto con le comunità “tradizionali” assume sempre un carattere tragico, esito di un duplice ed escludente pregiudizio. Questi temi sono molto presenti nelle narrazioni delle famiglie: la nonna che non ha potuto studiare perché femmina, lo zio che è andato a convivere con la donna amata cambiando paese perché nel suo era diventato il bersaglio di una continua riprovazione. Sono epopee che vengono narrate affinché le generazioni successive traggano insegnamento dalle vicende del proprio casato, ma continuamente evocate anche quando il mondo tradizionale si è dissolto. Succede così quella dissonanza emotiva e culturale che accade quando viene applicato ad una realtà nuova uno schema mentale che impedisce di comprendere davvero il mondo in cui si vive.
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breve introduzione di Bruno Perazzolo

Viviamo in un’epoca di fragilità, caratterizzata da una crisi culturale profonda che potrebbe comportare la perdita di ciò che abbiamo di più caro. Potrebbe, però, anche irrobustirci poichè sappiamo che le crisi rappresentano sempre anche un’opportunità. “Ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla” (Lao Tse). La crisi porta sempre con sè un nuovo inizio e spesso, in buona parte, dipende da noi esserci o no. “Una crisi ci costringe a tornare alle domande fondamentali; esige da noi risposte nuove o vecchie, purchè siano scaturite da un esame diretto, e si trasforma in una catastrofe solo quando noi cerchiamo di farvi fronte con giudizi preconcetti, ossia pregiudizi, aggravandola e per di più rinunciando a vivere quell’esperienza della realtà, a utilizzare quell’occasione per riflettere, che la crisi stessa costituisce” (H. Arendt)
Nel suo libro, Raghuram Rajan, ci porta al cospetto di almeno uno di questi interrogativi essenziali. ….
Il tema che ci propone di scandagliare è quello dei rapporti tra Mercato, Comunità e Stato. Continua

di Bruno Perazzolo

Se, come sostiene Aristotele, è vero che l’uomo è, per sua natura, un essere sociale, nel senso comunitario del termine, è anche vero che tale potenzialità, che i biologi qualificano come “genotipica”, per manifestarsi in concreto (fenotipicamente) richiede l’incontro con una serie di condizioni ambientali favorevoli in assenza delle quali l’organismo prende altre strade. Strade che, giustamente, Daniela Mario, nel suo articolo “individualità e collettività: due facce della stessa medaglia” definisce “autodistruttive”. Si tratta, con tutta evidenza, di un esito allarmante derivante dalla perdita di legami con l’ecosistema e con i propri simili,

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di Daniela Mario

Io sono fatto così, Io la penso così; questo è il Mio carattere…
E il Tu? Gli altri? Che ruolo hanno nello sviluppo del nostro Io?
Purtroppo, per tutti quelli che credono di “essersi fatti da soli” il ruolo degli altri è fondamentale, sostanziale, costitutivo, e non è più un’opinione.
Non solo perché l’individuo è parte di quella collettività senza la quale non potrebbe esserci, né in potenza, né in atto, ma perché, dopo la scoperta dei neuroni specchio non abbiamo più dubbi sulla natura intersoggettiva del nostro sé, sulla natura squisitamente sociale dell’essere umano, già individuata da filosofi e sociologi anni addietro…..
È stato ormai ampiamente dimostrato, a livello internazionale, che siamo dotati di una speciale classe di neuroni che si attivano sia quando compiamo un’azione diretta ad uno scopo (quindi non un movimento qualsiasi) sia quando osserviamo la stessa azione compiuta da altri. Si tratta di una scoperta strepitosa che sta si sta riversando in ogni ambito dello scibile …
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di Dario Nicoli

È decisamente istruttivo rivedere i grandi film a distanza di tempo, come mi è capitato la notte del 6 gennaio per Miracolo a Milano uscito nel 1951 e realizzato e diretto da Vittorio De Sica, per la cui sceneggiatura si è avvalso della preziosa collaborazione di Cesare Zavattini che è l’autore del libro Totò il buono, edito nel 1943, da cui il film è stato tratto.

L’origine del libro, che reca in copertina il sottotitolo “Romanzo per ragazzi (che possono leggere anche gli adulti”), si trova nell’incontro, e nell’amicizia durata tutta la vita, tra lo stesso Zavattini e Antonio De Curtis, nato dall’idea di realizzare un film sulla figura di Totò il buono, un ragazzo innocente che si muove nel mondo mosso da un sentimento di attrazione verso i poveri cui fa da contrasto l’avversione per i potenti.Continua

di Bruno Perazzolo

Milan Kundera è uno scrittore Ceco, classe 1929, tuttora vivente. Iscritto al partito comunista quand’era ancora studente, ne fu definitivamente espulso nel 1970 per il suo sostegno alla “Primavera di Praga”. Emigrato in Francia ha insegnato nelle università di Rennes e di Parigi. Poeta, scrittore di testi teatrali, racconti e romanzi, tra i quali va ricordato il grande successo dell’”Insostenibile leggerezza dell’essere”, è stato un punto di riferimento importante per la cultura europea in generale e, in particolare, per quella cecoslovacca negli ultimi decenni del ‘900.

Il libro è stato oggetto di due interessantissimi interventi, che consiglio vivamente: quello del politologo Jacques Rupnik e quello di Ezio Mauro intervistati nella seconda parte (dal quarantanovesimo minuto del video) della puntata di RAI 3 “Mezz’ora in più”, condotta da Lucia Annunziata, il 15 maggio ’22.

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Questo contributo è stato scritto in relazione all’introduzione al libro di Milan Kundera, “Un Occidente prigioniero” pubblicata in questo sito.

di Dario Nicoli

Il testo di Milan Kundera ci sollecita ad una riflessione su quale pace si potrà realizzare tra la Federazione Russa e l’Occidente europeo una volta messe a tacere le armi e definiti gli accordi sui confini tra gli stati e sulla ricostruzione dell’Ucraina.

L’autore di Un occidente prigioniero mette in luce il dualismo tra queste due grandi aree geopolitiche e giustamente ne individua le radici nella cultura e nella religione, oltre che nella storia. Ponendosi nell’epoca della Guerra fredda, egli utilizza queste categorie in chiave oppositiva, come contrasto insanabile tra due entità tra di loro inconciliabili: uno scontro tra la forza buona dei valori culturali delle “piccole nazioni” dell’Europa orientale e la violenza bruta da parte dei “vandali”, gli ideologi del regime sovietico.Continua

di Bruno Perazzolo

Due notevoli film, uno del 2009 e l’altro del 2022, da vedere in successione, possibilmente a distanza di qualche giorno.
L’opera riporta in scena una narrazione simile a quella di “Balla con i lupi” (film capolavoro del 1990). J. Camerun (il regista), tramite l’allegoria di effetti speciali sofisticatissimi, pone a confronto, in maniera realistica, la condizione dell’umanità ai suoi albori e per la maggior parte della sua esistenza (circa 100.000 anni) nelle cosiddette società di caccia e raccolta, con la recentissima “condizione moderna” (gli ultimi 500 anni circa). Continua

“L’umanità può vivere senza la scienza e può vivere senza pane. Soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più niente da fare al mondo!”
(Fëdor Dostoevskij)

di Bruno Perazzolo

Mercato e comunità sono spesso in competizione. All’avanzare del primo quasi sempre la seconda arretra. Le inchieste di “Generazione Bellezza”, recentemente riproposte su RAI 3, mostrano però come queste due realtà possono convivere e persino rinforzarsi a vicenda.Continua

“Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole”: Pier Paolo Pasolini

di Bruno Perazzolo

Al termine di una cena tra un potente banchiere e il suo più intimo amico, la conversazione langue. Per ravvivarla l’amico abbozza un argomento a caso: “Glielo giuro, giorni fa qualcuno mi ha detto che lei, una volta, era anarchico”. Inizia da qui una conversazione thriller – di fatto un monologo simile ad una dimostrazione matematica – che tiene il lettore incollato al testo. Il banchiere, oltre a confermare di essere stato anarchico, sostiene di esserlo ancora e che, proprio in forza della sua fede anarchica, è diventato un banchiere. A differenza dei suoi vecchi compagni mentecatti, rimasti a fare attentati, il banchiere confessa all’amico, sempre più confuso e sbigottito, di ritenersi anarchico non solo in teoria, ma anche in pratica proprio in virtù della sua professione speculativo – finanziaria.Continua