Una neo-comunità che cresce per simpatia e gemmazione

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Dario Nicoli

Il 9 novembre siamo partiti per Torino convinti di trovare una Onlus di servizi ben strutturati secondo progetti di inclusione sociale sostenuti da convenzioni con fondazioni, enti pubblici ed imprese, dove operano volontari affiancati a personale retribuito. Quella che abbiamo visto è anche questo, ma con una dinamica ed una vitalità che ci hanno felicemente sorpreso, fornendoci materiale prezioso per l’arricchimento della nostra ricerca sulle neo-comunità.

Ma andiamo con ordine, iniziando dalla presentazione dell’Associazione.

ASAI è un’associazione di Animazione Interculturale torinese i cui fondatori si sono formati nell’esperienza dei Salesiani per il Sociale, da cui però si distaccano quando nel 1995 danno vita a questa nuova entità assieme ad alcune famiglie di San Salvario, un quartiere di prima immigrazione. E’ questo il loro primo centro aggregativo, cui ne seguiranno diversi altri, per l’accoglienza di minori stranieri in difficoltà che fino ad allora conducevano perlopiù una vita di strada rimanendo in tal modo separati dal quartiere inteso come luogo di appartenenza, offrendo loro un punto di riferimento aggregativo, un servizio educativo ed anche occasioni di integrazione nella comunità in cui poter valorizzare la propria cultura di provenienza. Colpisce fin dall’inizio la mobilitazione delle famiglie del territorio da cui proviene un numero considerevole di volontari, anche oggi in continua crescita, che svolgono un compito di servizio ma anche di animazione della civile convivenza nel quartiere ispirandosi a virtù morali quali l’accoglienza, l’ascolto, la solidarietà, il riconoscimento delle differenze, operando spalla a spalla con vari operatori sociali (animatori, educatori, insegnanti, psicologi, mediatori). Il modo in cui sorge ASAI a San Silvario imprime un segno speciale all’Associazione in quanto indica uno stile generativo di natura neocomunitaria, su cui ritornerò più avanti.   

Da quest’opera nascono altre presenze lungo una strada di continua crescita virtuosa: nel 1999 avviene il trasferimento della sede associativa in via Sant’Anselmo con l’apertura di centri aggregativi e di servizi in Via Baltea e altri luoghi in Barriera Milano ed Aurora, con nuovi insediamenti più recenti nei quartieri Mirafiori e Lingotto. Nel 2003 viene aperta la cooperativa Terremondo che realizza interventi rivolti a minori, giovani e comunità, mentre l’anno successivo viene aperto lo Sportello Lavoro e nel 2006 il centro di Porta Palazzo; nel 2011 nasce la compagnia integrata di teatro comunitario assaiASAI e subito dopo inizia l’attività di Giustizia riparativa. Più recentemente, insieme all’Ufficio Pastorale Migranti di Torino, viene avviata Casa Aylan nel comune di Piobesi Torinese allo scopo di offrire ai ragazzi la possibilità di inserirsi nel contesto locale ed anche di raggiungere facilmente la città dove poter seguire la scuola e frequentare altre attività formative. Nel 2020 apre Radio Linea4 per ricreare legami con i minori nell’epoca del lockdown, poi divenuto uno strumento di espressione dei vari soggetti coinvolti nella vita associativa. L’anno dopo viene inaugurato il centro aggregativo di via Pinerolo e quello successivo viene creata l’ultima nata, la biblioteca comunitaria Tra le righe.

Tra tutto questo fiorire di iniziative, sorprende l’ambito della giustizia riparativa perché è un metodo che rovescia radicalmente il binomio processo-pena, sostituendolo con il coinvolgimento della vittima, del colpevole e della comunità alla ricerca di soluzioni centrate sulla riparazione del danno, il ravvedimento del colpevole, la riconciliazione tra le parti e il rafforzamento del senso di sicurezza collettivo. ASAI interviene sostenuta da protocolli d’intesa con la Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta e la Polizia Municipale di Torino. Diverse volte si scopre che il colpevole non era cosciente degli effetti negativi del suo comportamento, mentre il percorso riparativo, che è costituito di diversi colloqui sia rivolti alle parti separate sia realizzati alla presenza di entrambe, è l’occasione per migliorare il suo modo di porsi nei confronti degli altri. 

ASAI nel corso del tempo realizza un ventaglio sempre crescente di interventi: corsi di lingua italiana, doposcuola, laboratori sportivi, espressivi, artistici, percorsi formativi per giovani, suddivisi per fasce di età, attività di aggregazione sulla strada, animazione, incontri di formazione rivolti a volontari e operatori sociali che operano nel contesto della prevenzione e dell’integrazione, accompagnamento dei giovani all’inserimento nel mondo del lavoro. Attualmente, le varie iniziative dell’arcipelago ASAI coinvolgono 1800 bambini, bambine e adolescenti, oltre a 2700 adulti, appartenenti nell’insieme a 87 nazionalità, potendo contare sull’apporto di 550 tra volontari e tirocinanti. Una vera “forza buona” che opera come un’onda dedita ASAI ogni anno coinvolge più di 650 volontari in percorsi finalizzati a migliorare la convivenza nel tessuto urbano, specie nei territori in cui vi è maggiore bisogno di intervento.

Come dicevamo, l’associazione è sostenuta da molti finanziatori. Il sostegno della città di Torino e della Regione Piemonte deriva dal riconoscere ASAI come soggetto in grado di prevenire fenomeni di disgregazione e conflitti sociali, che senza questo intervento richiederebbero esborsi consistenti per il presidio del territorio, il ripristino del degrado e delle devastazioni, e provocherebbero un grave freno al piano di rilancio del territorio su cui queste amministrazioni hanno puntato negli ultimi decenni. Al contrario, l’opera educativa che promana dall’Associazione ha il merito di animare un tessuto comunitario che procede per gemmazione e bolle di rinascita capaci di suscitare emulazioni per simpatia.  ASAI non è per nulla ideologica, ma molto operosa e realistica, oltre che creativa. E’ come un organismo vivente portatore di uno stile di vita umano nella vita cittadina, in grado di operare efficacemente con vari strumenti in differenti contesti e con grande versatilità. La sua parabola non conosce soste, ovvero non si stabilizza secondo un principio di ottimizzazione razionale come fanno le organizzazioni razionali, ma è sempre sbilanciata in avanti nello stile degli organismi provvidenziali, perché da questa progressiva crescita trae la sua forza vitale e la conferma del valore della vocazione che l’ha spinta nella fase nascente e che trova evidenza nella dedizione dei volontari e delle famiglie, oltre che, e innanzitutto, nella simpatia dei ragazzi. Essa conferma la nostra ipotesi/intuizione circa la crescita, in un contesto che troppo frettolosamente viene bollato come individualistico, di neo comunità che non procedono per progetti ma che si affidano allo spirito di generosità che spesso cova sotto la cenere dell’indifferenza e viene risvegliato dal fuoco amico di persone ed enti che investono su questo patrimonio di premura verso chi ha più bisogno e dal quale ricevono, in termini di gioia e chiarezza su di sé e del proprio compito, molto più di quanto hanno potuto offrire loro.    

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