di Riccardo Papini

La natura dell’uomo ha sempre affascinato numerosi studiosi nei secoli e ancora oggi non si è arrivati ad una risposta per fortuna, altrimenti nessuno avrebbe più lo stimolo ad approfondire questo tema.

L’articolo ha lo scopo di far riflettere sul nostro modo di far politica che vuole mettere in risalto la praticità del nostro modo di essere. E qui ora, giunti a questo punto, è interessante toccare il tema principale dell’articolo: essenza o apparenza? Per essenza intendiamo l’Individuo compresosi Uomo, mentre per apparenza intendiamo l’Uomo corrotto in Individuo Appare a prima vista sibilante e criptica questa definizione, ma intrinsecamente nasconde molto più significato di quello che si crede. Innanzitutto definiamo Individuo la persona tipicamente legata al mondo moderno, allo stile di vita consumistico e al materialismo peggiore che si può pensare, mentre con Uomo intendiamo l’animale sociale aristotelico, ovvero colui che interiormente sa già che prima di lui esiste un vago concetto che possiamo riassumere in Stato o anche Bene Comune. Ebbene, in linea di massima esistono varie interpretazioni al riguardo ed esse dipendono dalla concezione che si ha della Storia: se la consideriamo in ottica illuminista e positivista come un progresso tecnico, giuridico e scientifico allora vedremo come necessario lo sviluppo della civiltà e delle persone facenti parte verso un maggior benessere di queste ultime e come fine il raggiungimento della Felicità individuale. Ma cos’è la Felicità?
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di Dario Nicoli

Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe accaduto se Konrad Lorenz avesse dato una diversa conclusione al suo famoso racconto E l’uomo incontrò il cane. Nel testo, i due cani, uno dietro la recinzione della casa dei suoi padroni e l’altro accompagnando Lorenz lungo il sentiero che scende verso lo stagno, abbaiano ferocemente l’uno contro l’altro, fino a quando non raggiungono il confine della proprietà. Ma un bel giorno si trovano improvvisamente faccia a faccia in quanto, a causa di lavori, manca parte della recinzione: in un primo tempo rimangono ammutoliti senza sapere cosa fare, poi tornano entrambi sui loro passi e riprendono la cagnara abituale dietro la rete rassicurante …………………….
È una conclusione che si adatta molto bene a quel teatro pubblico che si rappresenta preferibilmente sui giornali e sui social italiani, dove due gruppi politici continuano a rappresentare la stessa scena, ma con sempre meno forza, meno convinzione e naturalmente meno pubblico, impegnandosi però con la medesima eroica e stolida perseveranza dei bei tempi ormai trascorsi. È la famosa diatriba pro/anti fascismo che si riaccende ogni volta che uno dei due schieramenti inizia il gioco, provocando la prevista reazione dell’altro, e così via fino alla consunzione del pretesto ed in attesa del prossimo.
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di Bruno Perazzolo

Il seggio breve è stato realizzato sia allo scopo di introdurre l’incontro di PensarBene del 31 marzo ’23, sia, soprattutto, al fine di supportare adeguatamente l’approfondimento sul tema del rapporto tra libertà e comunità cui la nostra Associazione, dedicherà ancora diversi mesi.

Poichè la parola libertà possiede diversi significati, un dialogo costruttivo non può non partire, pena l’incomprensione reciproca, da un chiarimento riguardo all’uso del termine

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di Bruno Perazzolo

Richard Sennett, nel suo libro “l’uomo flessibile”, sostiene che il “capitalismo multinazionale”, negli ultimi 40 anni circa, ha cambiato pelle. Le nuove élite non ambiscono più al controllo gerarchico della società, non dettano più procedure, non mirano ad imporre stili di vita. Esigono, invece, che siano gli altri, le singole persone, a trovare il modo di adattarsi ai loro continui cambiamenti, ad un potere che si fa sempre più invasivo e, nel medesimo tempo, meno trasparente e meno palpabile. Viene da qui, secondo Sennett, il nuovo vangelo della flessibilità, della mobilità, dei legami deboli, del cogliere l’opportunità vivendo nel breve periodo.  
“Tutto in un giorno” è un film “mediano”, tra Ken Loach e i fratelli Dardenne. Dal primo prende la crudezza del racconto mentre dai secondi assume il miracolo di flebili segni di speranza. Sullo sfondo il dramma delle famiglie sfrattate che, nella “civile” Spagna (ma nel nostro paese siamo pressappoco sugli stessi numeri), come si evince dai titoli di coda, sono circa 100 – 140 al giorno.

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di Dario Nicoli

Cosa accade quando un estraneo giunge in un piccolo centro urbano provenendo dalla grande città?
Nell’immaginario di tanti libri e film che rievocano il passato, l’impatto con le comunità “tradizionali” assume sempre un carattere tragico, esito di un duplice ed escludente pregiudizio. Questi temi sono molto presenti nelle narrazioni delle famiglie: la nonna che non ha potuto studiare perché femmina, lo zio che è andato a convivere con la donna amata cambiando paese perché nel suo era diventato il bersaglio di una continua riprovazione. Sono epopee che vengono narrate affinché le generazioni successive traggano insegnamento dalle vicende del proprio casato, ma continuamente evocate anche quando il mondo tradizionale si è dissolto. Succede così quella dissonanza emotiva e culturale che accade quando viene applicato ad una realtà nuova uno schema mentale che impedisce di comprendere davvero il mondo in cui si vive.
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di Bruno Perazzolo

Milan Kundera è uno scrittore Ceco, classe 1929, tuttora vivente. Iscritto al partito comunista quand’era ancora studente, ne fu definitivamente espulso nel 1970 per il suo sostegno alla “Primavera di Praga”. Emigrato in Francia ha insegnato nelle università di Rennes e di Parigi. Poeta, scrittore di testi teatrali, racconti e romanzi, tra i quali va ricordato il grande successo dell’”Insostenibile leggerezza dell’essere”, è stato un punto di riferimento importante per la cultura europea in generale e, in particolare, per quella cecoslovacca negli ultimi decenni del ‘900.

Il libro è stato oggetto di due interessantissimi interventi, che consiglio vivamente: quello del politologo Jacques Rupnik e quello di Ezio Mauro intervistati nella seconda parte (dal quarantanovesimo minuto del video) della puntata di RAI 3 “Mezz’ora in più”, condotta da Lucia Annunziata, il 15 maggio ’22.

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Questo contributo è stato scritto in relazione all’introduzione al libro di Milan Kundera, “Un Occidente prigioniero” pubblicata in questo sito.

di Dario Nicoli

Il testo di Milan Kundera ci sollecita ad una riflessione su quale pace si potrà realizzare tra la Federazione Russa e l’Occidente europeo una volta messe a tacere le armi e definiti gli accordi sui confini tra gli stati e sulla ricostruzione dell’Ucraina.

L’autore di Un occidente prigioniero mette in luce il dualismo tra queste due grandi aree geopolitiche e giustamente ne individua le radici nella cultura e nella religione, oltre che nella storia. Ponendosi nell’epoca della Guerra fredda, egli utilizza queste categorie in chiave oppositiva, come contrasto insanabile tra due entità tra di loro inconciliabili: uno scontro tra la forza buona dei valori culturali delle “piccole nazioni” dell’Europa orientale e la violenza bruta da parte dei “vandali”, gli ideologi del regime sovietico.Continua

“L’umanità può vivere senza la scienza e può vivere senza pane. Soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più niente da fare al mondo!”
(Fëdor Dostoevskij)

di Bruno Perazzolo

Mercato e comunità sono spesso in competizione. All’avanzare del primo quasi sempre la seconda arretra. Le inchieste di “Generazione Bellezza”, recentemente riproposte su RAI 3, mostrano però come queste due realtà possono convivere e persino rinforzarsi a vicenda.Continua

“Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole”: Pier Paolo Pasolini

di Bruno Perazzolo

Al termine di una cena tra un potente banchiere e il suo più intimo amico, la conversazione langue. Per ravvivarla l’amico abbozza un argomento a caso: “Glielo giuro, giorni fa qualcuno mi ha detto che lei, una volta, era anarchico”. Inizia da qui una conversazione thriller – di fatto un monologo simile ad una dimostrazione matematica – che tiene il lettore incollato al testo. Il banchiere, oltre a confermare di essere stato anarchico, sostiene di esserlo ancora e che, proprio in forza della sua fede anarchica, è diventato un banchiere. A differenza dei suoi vecchi compagni mentecatti, rimasti a fare attentati, il banchiere confessa all’amico, sempre più confuso e sbigottito, di ritenersi anarchico non solo in teoria, ma anche in pratica proprio in virtù della sua professione speculativo – finanziaria.Continua

di Bruno Perazzolo e Gabriella Morello

L’articolo, firmato da Riccardo Cesari, fornisce l’evidenza empirica della relazione tra la povertà, accompagnata da crescente disuguaglianza economica, e il fenomeno dell’astensione dal voto che, negli ultimi decenni, mostra un andamento esponenziale. Correttamente il testo indica come tutto ciò impatti negativamente sulla democrazia e, più in generale, sulla partecipazione politica intesa anche in un’ottica minimalista: quella della partecipazione al dibattito e alla conseguente ricerca attiva di informazioni attinenti la gestione della vita pubblica. Sulla base di questi fatti incontrovertibili e ben esposti dall’autore, ci sembrano opportune alcuni approfondimenti.
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