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di Bruno Perazzolo

Platone, uno dei maggiori filosofi dell’antica Grecia, pensava che la democrazia fosse una forma di Stato fallimentare. Il motivo era quello dell’ignoranza del popolo che espone il governo del bene pubblico alla demagogia di abili furfanti che sanno “predicare bene, ma razzolano malissimo”. Platone, in base al modello organico di società all’epoca dominante, pensava che tutto ciò fosse più o meno inevitabile. Ora, se quest’ultima affermazione riguardante la necessaria incompetenza delle masse si può forse contestare, ciò che però è certo è che una democrazia non può reggersi sull’ignoranza. Dice bene Gabriella Morello nel suo articolo “Prove INVALSI: esiti riguardanti la comprensione di un testo scritto che dovrebbero far riflettere dentro e, soprattutto, fuori dalla scuola, il dato sulle crescenti difficoltà che molti giovani diplomati incontrano nella comprensione di un testo scritto, è la spia di un malessere i cui effetti vanno ben oltre i confini del Ministero della Pubblica Istruzione. In altri termini, anche i molti che capiscono poco, alla fine vanno spesso a votare e ce li ritroviamo per strada alla guida, magari distratta, di macchine potenti. Il problema è dunque sicuramente molto grande e interessa tutti. Al riguardo l’articolo di Gabriella contiene un altro spunto tanto semplice quanto importante. Se i ragazzi evidenziano difficoltà di comprensione ciò non dipende solo dalla scuola. I fattori sono molteplici e il larga misura extrascolastici. In tal senso, per esempio, non aiutano la velocità dei cambiamenti e stili di vita consumistici che riempiono le nostre vite di “impressioni – informazioni evanescenti”. Non aiuta, soprattutto, il “tipo individuale” di cui scrive bene Dario Nicoli nel suo importante articolo. “Tipo Individuale” che io intendo come la certificazione della crisi, in fieri, dell’individualismo moderno e postmoderno. Individualismo che, nella sua fase crepuscolare, come nel mito biblico della Torre di Babele, ci vede tutti impegnati a costruire la nostra piccola “realtà virtuale”, ad inseguire sogni sempre meno accessibili agli altri e intessuti con significati che solo noi possiamo comprendere. Alla fine, come nel mito, siamo portati a parlare lingue diverse. Sennonchè la lingua è fatta per riconoscersi e comunicare. Si comprende dunque come, dalla contraddizione tra “significati personalizzati” e socialità del linguaggio, derivi il venir meno dell’empatia, il reciproco gridarsi addosso le proprie presunte verità e quel “rispondere a capocchia” che solo alimenta il rumore con altro rumore.

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4 commenti

  1. Certo, ma l’individuo “monade ” è un prodotto delle classi dominanti che, ovviamente, governano le istituzioni e la scuola ne fa parte. Invito tutti a informarsi sulla nuova scuola 4.0 che ha come obiettivo non più il discente soggetto come mente pensante e critica ma come oggetto acritico facilmente manipolabile. Quindi anche noi docenti siamo in un certo senso responsabili. La scuola sfornerà solo tecnici esecutivi ( importanza data agli ITS , formazione superiore è nota), l’educazione civica è diventata ormai trasversale a tutte le discipline, svuotata di ogni senso giuridico ( i temi sono quelli triti e ritriti proposti ogni anno e che farebbero parte della sfera comportamentale…)….e potrei continuare…

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  2. Cara Emanuela, sono pienamente d’accordo sull’importanza dell’educazione civica, non come materia ma come finalità e stile della scuola. Il Parlamento, in un raro momento di resipiscenza, nel 2019 ha votato all’unanimità l’inserimento di questo “insegnamento trasversale” in tutti i curricoli. Le scuole ed i docenti hanno la possibilità di offrire ai ragazzi una formazione solida e legata alla realtà. Come la stanno utilizzando? e quale idea di libertà e responsabilità comune propongono?

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  3. Come ho scritto sotto all’articolo di Gabriella, ultimamente mi è capitato spesso di ragionare su questo tema, e noto con dispiacere come questo fenomeno stia dilagando sempre più tra individui di qualsiasi fascia d’età. Non vorrei risultare monotono, ma penso proprio che parte della colpa sia attribuibile al morboso attaccamento, da parte dei giovani soprattutto, ma anche dei meno giovani, ai social network. In particolare, come non menzionare TikTok, usato dai giovanissimi, dove i contenuti più popolari hanno una durata massima di 60 secondi? Anche Facebook, il social network oramai attribuito ad un pubblico meno giovane, ha preso questa piega: testi e video sempre più brevi, spogli di qualsiasi tipo di informazione, che hanno il solo scopo di divertire lo spettatore per pochi secondi e raccogliere qualche “Mi piace”.

    Tutto questo non può che influire, a cascata, sulla capacità dei ragazzi di comprendere testi scritti. Ma come biasimarli: del resto, rispetto alle generazioni passate, la loro quotidianità non è più contraddistinta da letture (leggere un quotidiano, leggere un libro, etc.), ma solo da visualizzazioni (ad esempio, visualizzare una foto o un video). Il nostro mondo è sempre più privo di qualsivoglia tipo di contenuto testuale, e per questo motivo credo che i ragazzi si siano in qualche modo disabituati (hanno mai imparato a fare ciò?) alla lettura critica di un testo scritto.

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  4. La stanno banalizzando con tematiche da banco spesso avulse dalla nostra Costituzione. Si dovrebbe invece partire da quest’ultima, declinandola nella realtà dei fatti, analizzando concretamente almeno gli articoli principali….sono 33 h di educazione civica buttate via, senza una mera programmazione che abbia una radice nel Diritto.

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