Dario Eugenio Nicoli

Siamo tutti scossi da quanto sta accadendo sul piano internazionale; è qualcosa a cui non siamo preparati, e che si abbatte come un pugno nel nostro stomaco, scuotendoci da una sorta di torpore individualistico che ha colpito i singoli ed anche le istituzioni.

Stiamo prendendo coscienza del rischio che corre il valore che ci sta più a cuore, ovvero la comunità, intendendo con questa parola quel mondo, come dice il filosofo Jan Patočka, «in cui si deve poter vivere, vivere in comune, in cui si deve essere accettati e ricevuti, ricevere quella protezione che ci permette di assumere i compiti concreti di difesa e di lotta contro ciò che ci minaccia».

Non sappiamo quali sono i contenuti precisi delle trattative in corso tra USA e Russia, che avranno valore solo se sottoscritte dall’Ucraina, la quale presumibilmente chiamerà in causa anche l’Unione Europea come garante della sua sicurezza. Ma sappiamo già da ora che sono accaduti tre grandi cambiamenti, che occorre guardare con realismo perché richiedono altrettante risposte immediate.

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di Dario Nicoli

Le elezioni politiche anticipate stanno mostrando movimenti interessanti che possono aprire ad una nuova stagione non più antisistema o populista, ma nazionale, per molti versi coerente con la traccia dell’attuale governo.
L’anticipo nasce dalla volontà di “riallineamento” del Parlamento agli orientamenti politici del Paese, che per tradizione tende verso il centrodestra, uno schieramento che ha mancato spesso di una leadership all’altezza perché nostalgica e basata sulla critica degli avversari piuttosto che su una proposta costruttiva e responsabile. Per fare ciò, occorreva far cadere il governo Draghi, ovvero la migliore figura di leader italiano degli ultimi decenni, il cui merito consiste nell’aver tracciato una strada di rilancio economico, tanto decisiva da impegnare i governi a venire.

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di Dario Nicoli

Chi ha spento la luce del governo Draghi? Ad ascoltare i diretti interessati, sembra che non sia stato nessuno e che, in ogni caso, nulla è cambiato. È una posizione curiosa, come se si volesse nascondere qualcosa di importante che non giova mostrare nella campagna elettorale. Ed in effetti questa conclusione anticipata della legislatura presenta un carattere assolutamente nuovo in quanto segna la fine del populismo così come l’avevamo conosciuto con la comparsa del movimento 5 Stelle e con l’exploit della Lega “nazionalista”.

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