di Bruno Perazzolo e Emanuela Gervasini
Un amico “esperto” ci ha “folgorati” con questa frase: “le dittature pianificano azioni finalizzate a annientare la speranza nelle persone”. Nel Film, Red (Morgan Freeman), condannato all’ergastolo per un omicidio compiuto in giovane età, sostiene che i carcerati, dopo aver passato molti anni in prigione, si “istituzionalizzano”. In altre parole non possono più fare a meno del carcere. Come si può riscontrare nel “repertorio online delle frasi celebri sulla speranza”, la stessa sembra essere come un coltello a doppio taglio: da un lato fonte di possibile frustrazione e sofferenza sino al punto di essere vilipesa, la speranza diventa, d’altro canto, ciò che tiene vivi e aperti ad una possibile emancipazione malgrado ogni avversità ed oltre ogni degrado.
Tratto dal racconto di Stephen King, regia di Frank Darabont, con Tim Robbins, Morgan Freeman, Bob Gunton, William Sadler, Clancy Brown, Gil Bellows; genere Drammatico, USA 1994, durata 139 minuti, il film si può vedere su Netflix e altre piattaforme: Chili, Google Play ecc.. La pellicola ha riscosso grande gradimento presso il pubblico mentre la critica, comunque buona, è stata, nel complesso, meno generosa probabilmente a causa di certi passaggi un tantino enfatici che, forse, hanno tolto qualcosa al valore dell’idea principale: quella dello stretto rapporto tra speranza, fede e libertà intesa come aspirazione ad una vita degna di essere vissuta. Un legame che frustrazione, alienazione e paura tendono a far dimenticare, ma che ogni volta che si manifesta nell’aria di una musica o nel racconto del successo di un’impresa “impossibile” perseguita con caparbietà, ci riempie “istintivamente” di stupore e meraviglia che le parole non possono esprimere.