Lavoro e solidarietà al femminile 

Bruno Perazzolo

Certo, nel film di Ozpetek uno può vederci tante cose – la solidarietà declinata al femminile, la complessità e le difficoltà dei rapporti umani, l’autobiografia dello stesso regista ecc. – però non è casuale che il racconto si svolga in una sartoria di costumi per cinema e teatro. Al contrario, il “luogo del lavoro”, la “Pratica, improntata da una tradizione di eccellenza” che fa da sfondo alle vicende dei vari personaggi, credo sia la vera “pietra d’angolo” capace di trarre, da tante storie singolari, un solido “NOI CORALE”, che impegna, ma che, anche, alla fine, ti accoglie e ti protegge. Le sorelle Canova, Alberta e Gabriella, conducono la loro sartoria nel centro di Roma al servizio di registi e costumisti stellari. All’inizio, se non fosse per la qualità apicale dei costumi prodotti, la sartoria sembra un contesto professionale come ce ne sono tanti. L’imprenditrice è una “macchina insensibile”. Intorno le gravitano collaboratrici che, per un motivo o per l’altro, sono tutte più o meno incasinate. A fatica riescono a conciliare il lavoro con la famiglia e/o altro ancora. Man mano che la pellicola scorre, però, i frammenti dell’ordinaria “fatica di vivere” si compongono, analogamente a quanto spesso accade nei film di Almodovar, in un puzzle organico che sa di “umano integrale” e che infonde, persino, gioia e fiducia. Insomma, un “lieto fine natalizio” che potrebbe facilmente suscitare il sospetto che, dietro l’angolo, si celi il cliché di un melò trito e ritrito. E invece no. Il racconto emoziona e tiene lo spettatore vigile. Segno che, oltre alla splendida interpretazione dell’intero cast di attori, a parte qualche particolare di pura fantasia, messo lì per alleggerire e suscitare ilarità, storie del genere possono convincere e persino accadere.

Regia di Ferzan Ozpetek con Luisa Ranieri, Jasmine Trinca, Stefano Accorsi, Luca Barbarossa, Sara Bosi. Genere commedia drammatica, Italia 2024, durata 135 minuti. Il film è appena uscito nelle sale cinematografiche (dicembre ’24).

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