di Bruno Perazzolo
Paghiamo le tasse allo Stato per avere beni e servizi pubblici, paghiamo un prezzo al mercato per avere beni e servizi privati, ma all’amico, al cittadino volontario basta un sorriso e un grazie per ripagarli del dono che abbiamo ricevuto. Ecco, sin qui, sino ad oggi abbiamo forse sottovalutato questa terza gamba che sostiene la persona e, quindi, la convivenza democratica. Lo Stato, il mercato erano necessari, ma spesso si è pensato che del dono se ne potesse anche fare a meno. Ad alcuni, addirittura, la gratuità altrui poteva persino generare imbarazzo: la consapevolezza dell’onere di doversene ricordare, il segno di un legame che vincola e ti obbliga, prima o poi, a restituire, a corrispondere. Oggi non è più così. La crisi irreversibile dello Welfare State (Stato del Benessere) ha messo in evidenza come l’Ente Pubblico non possa prendersi integralmente cura di ciascuno di noi “dalla culla alla bara” come sembrava promettere dalla metà del secolo scorso. Banalmente “un Comune non può arrivare dappertutto”, mentre “i buchi” dell’intervento statale, soprattutto nell’assistenza alle persone più deboli, nella cura dei beni comuni ecc., sono sempre più evidenti e incolmabili. Dal canto suo il mercato, mentre realizza cambiamenti frenetici imponendo una flessibilità stressante e spesso, a noi comuni mortali, incomprensibile, promuove un consumismo esasperato che isola le persone alimentando in ciascuno il sentimento di una “fallimentare solitudine”. Da qui la rabbia, la paura, il disorientamento e quel senso di vuoto, di mancanza e di costante esposizione ad una minaccia che la maggior parte di noi sperimenta. Nasce da questa situazione, per molti versi del tutto nuova, un bisogno inedito di comunità.
E’ vero che, come hanno detto diversi Rappresentanti Locali di Biandronno nell’incontro del 19 aprile scorso, il mondo dell’Associazionismo non è mai sostanzialmente cambiato. E’ sempre stato quel luogo dove, insieme alla Famiglia e alle Istituzioni Locali (istituzioni di prossimità quali il Municipio, la Parrocchia, la Scuola), l’individuo biologico si fa persona. Quel luogo dove ti senti parte di qualcosa di più grande. Quel luogo in cui donare, paradossalmente, ti fa sentire più ricco e più vivo. Quel luogo in cui le cose, che sembravano vuote, miracolosamente appaiono, pian piano, prendere forma e significato. Dunque nessuna novità? Non proprio! Tra le righe degli interventi che, nell’incontro del 19, si sono succeduti, si poteva anche intravvedere qualcosa di diverso. Come tutti sappiamo, è la scarsità di un bene fondamentale che porta alla coscienza il suo valore. Oggi c’è più consapevolezza di ieri su come “gli uomini non siano fatti per stare da soli”. Forse comprendiamo di più, per mezzo della nostra pena e delle nostre paure, anche il dolore altrui. Credo si spieghi così – e questa sì che è un’autentica novità – la maggiore apertura delle Associazioni soprattutto nei confronti di chi “viene da fuori” o di chi, per diversi motivi, vive situazioni di maggiore disagio familiare. Ma c’è di più. Tra i volontari sembra esserci meno spirito di competizione, maggior desiderio di collaborare, di fare le cose insieme nella matura consapevolezza che ciascuno, nel suo campo – chi occupandosi di mostre, chi di paesaggio, chi di storia o di beni pubblici locali, chi di teatro, chi di assistenza alle persone sole o in situazioni di emergenza, chi donando il sangue, chi curando le attività sportive dei ragazzi ecc. – porta acqua allo stesso mulino: quello dell’amore per il proprio territorio e per la sua gente. Quell’amore per il proprio paese che, contrastando angosce e solitudine, è capace di trasformare il luogo fisico dove si risiede in un LUOGO adatto ad essere ABITATO dall’UOMO.