Dario Nicoli

Monte Wildhorn (interpretato da uno splendido Morgan Freeman) è un anziano scrittore che ha avuto nel passato un certo successo con libri western, ma che ha perso l’ispirazione dopo un lutto familiare ed un incidente che l’ha obbligato alla sedia a rotelle, e che ha sostituito l’amore per la vita con quello per la bottiglia, decide di passare l’estate sulle rive di un lago del Nord America (in realtà Greenwood nello stato di New York), un luogo appartato dal clamore del mondo editoriale e che dovrebbe essere più consono al suo desiderio di solitudine ed autocommiserazione. Ma in realtà egli ha aderito, affatto convinto, all’idea del nipote che desidera ritrovare lo zio che conosceva prima di questa crisi.

L’affitto della casa comprende anche la custodia di un cane, la prima presenza viva di cui egli dovrà occuparsi; la casa vicina è abitata da una donna che sta divorziando e dalle sue tre figlie, un insieme familiare molto vivace.

A ciò si aggiungono negozianti e vicini che fanno parte di una comunità piuttosto coesa, in cui tutti si conoscono e si accettano, oltre che partecipare insieme a feste e cerimonie. 

Ci sono tutti gli ingredienti per un film dall’esito scontato e dal tono sentimentale, un rischio che indubbiamente è presente in alcuni passaggi, ma che lo scrittore Guy Thomas ed il regista Rob Reiner evitano con grande perizia offrendoci un quadro delicato e avvincente.

Probabilmente nel 2012 non era ancora avanzata l’onda censoria che ha in seguito quasi soffocato l’arte e trasformato scrittori e registi in tristi esecutori di cliché corretti. Qui lo spettatore non è gettato nella usuale rappresentazione di brutture, ingiustizie, violenze e rabbia delle vittime che sfocia in una sorta di riscatto ad opera dei buoni che comprende la definitiva punizione degli oppressori, ma è chiamato ad entrare in una vicenda con lo sguardo sensibile che proviene da persone semplici, chiamate a confrontarsi con una situazione dolorosa ed i contraccolpi che ciò provoca nelle relazioni familiari, ma che affrontano con una strana fiducia, sorrette da una comunità che accoglie e consola senza scene drammatiche né gesti eclatanti.

Molti commenti mettono in luce l’incontro tra Monte e la vicina, Charlotte O Neil, una vicenda che nella narrazione è indubbiamente importante, ma nel percorso di riappacificazione con la vita di Monte giocano un ruolo decisivo le tre figlie, Willow di 16 anni, Finnegan di 10 anni e la piccola Flora di 7 anni, che senza intenzione si prendono cura dell’anima dell’anziano scrittore. Senza dimenticare il ruolo del cane, che sembra segnare con il suo silenzio lo sviluppo della storia.   

Il film è disponibile sulle piattaforme Prime.

Un consiglio: dopo la visione, gustate fin che potete lo stato d’animo che il film vi ha donato, rinviando per quanto è possibile l’essere risucchiati nell’usuale girone infernale delle immagini provocatorie, delle storie di ammazzamenti, delle parole del nulla, cioè di quel continuo bombardamento che ci viene riservato ogni momento e che sembra avere come unico scopo la corruzione dello sguardo umano, cioè veritiero, sulla realtà.

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