individuo – uomo / piacere – felicità

di Riccardo Papini

La natura dell’uomo ha sempre affascinato numerosi studiosi nei secoli e ancora oggi non si è arrivati ad una risposta per fortuna, altrimenti nessuno avrebbe più lo stimolo ad approfondire questo tema.

L’articolo ha lo scopo di far riflettere sul nostro modo di far politica che vuole mettere in risalto la praticità del nostro modo di essere. E qui ora, giunti a questo punto, è interessante toccare il tema principale dell’articolo: essenza o apparenza? Per essenza intendiamo l’Individuo compresosi Uomo, mentre per apparenza intendiamo l’Uomo corrotto in Individuo Appare a prima vista sibilante e criptica questa definizione, ma intrinsecamente nasconde molto più significato di quello che si crede. Innanzitutto definiamo Individuo la persona tipicamente legata al mondo moderno, allo stile di vita consumistico e al materialismo peggiore che si può pensare, mentre con Uomo intendiamo l’animale sociale aristotelico, ovvero colui che interiormente sa già che prima di lui esiste un vago concetto che possiamo riassumere in Stato o anche Bene Comune. Ebbene, in linea di massima esistono varie interpretazioni al riguardo ed esse dipendono dalla concezione che si ha della Storia: se la consideriamo in ottica illuminista e positivista come un progresso tecnico, giuridico e scientifico allora vedremo come necessario lo sviluppo della civiltà e delle persone facenti parte verso un maggior benessere di queste ultime e come fine il raggiungimento della Felicità individuale. Ma cos’è la Felicità?

Alexis De Tocqueville nella sua celebre Democrazia in America ( opera peraltro tanto liberale, quanto attenta ai rischi del liberalismo e quindi estremamente lucida) spiega, nel caso specifico gli americani, il desiderio impellente di oggetti materiali nella popolazione, tanto da rischiare il disinteresse nella politica. Questo rischio per fortuna era diminuito grazie al fenomeno dell’associazionismo, non di poco conto nell’America di inizio Ottocento, visto che era il primo paese che nasceva Libero, non diventandolo abbattendo un regime. E soprattutto De Tocqueville ammonisce sullo stile di vita materialistico visto che a lungo andare tende a degradare la società come riportato in questa citazione dell’opera menzionata: «Il desiderio di arricchirsi a ogni costo, la passione degli affari, l’avidità di guadagno, la ricerca del benessere e dei godimenti materiali sono in questa società le passioni più comuni. Si diffondono facilmente in tutte le classi, penetrano fino a quelle che erano state fino allora più estranee ad esse, e arriveranno ben presto a indebolire e degradare la nazione intera se niente le fermerà.» La Felicità allora appare come un concetto materialistico se la si intende in quest’ottica e forse allora, per non sviare in confusioni, denominiamo questo concetto Piacere, forse più consono al contesto analizzato, evitando così di imbruttire la prima citata. Se si considera invece la Storia come prosieguo Romantico, nel senso più nobile del termine, allora a tal punto la nostra prospettiva cambia radicalmente, visto che in questo verso la tecnica e la scienza vengono poste in secondo piano e rivalutate invece la visione sociale e umana. La Storia quindi ora appare meno artificiosa, considerato che contempla anche aspetti irrazionali e a volte non immediatamente comprensibili, come ad esempio l’appartenenza ad una Patria, oppure l’estro del Genio incompreso di foscoliana memoria.

Ma ecco che entra in gioco nuovamente la Felicità, questa volta però più fine, delicata ma soprattutto duratura, non dissolta nell’oblio materialista. Essa si palesa inconsciamente, forse nemmeno la percepiamo, ma sentiamo la sua mancanza nei momenti di solitudine e di alienamento. Cerchiamo di allontanarla perché pecchiamo di impazienza, visto che vogliamo l’immediato, sempre, sempre di più: ma la desideriamo perché la nostra anima in fondo resta sempre squisitamente Umana. Pretendiamo ogni giorno nuovi desideri, nuovi Piaceri che ci rendano benessere istantaneo, senza accorgerci che la Felicità non è questo. Uniamoci nella social catena leopardiana e combattiamo questo virus, ricostruiamoci comunità e vinciamo. Riscopriamoci Uomini! Eccoci dunque arrivati alla conclusione con la corrispondenza Individuo e Piacere, Uomo e Felicità. Collegando i concetti, notiamo la corrispondenza Piacere – Apparenza e Felicità – Essenza: tutto logicamente torna. La morale di questo discorso vuole essere uno stimolo a non accontentarci di ciò che ci viene promesso, ma invece combattere ogni giorno per la propria terra per difenderla, onorarla e rispettarla.

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2 commenti

  1. Author

    Interessante questa differenza tra piacere e felicità sviluppata in chiave “anti – utilitarista”. A differenza di quanto surrettiziamente suggerisce l’economia politica, ovvero un approccio materialista – consumistico all’esistenza, Riccardo mi sembra suggerisca che la felicità non può mai essere intesa come una somma aritmetica di piaceri. E’, piuttosto, un sentire che rimanda ad una parte “dell’anima” qualitativamente diversa. In sentire riflesso di un’esistenza umana vissuta integralmente e in armonia con se stessi e con l’ambiente che ci circonda. Idem per quanto concerne la tecnica che, per come interpreto l’articolo, dovrebbe trovare nella socialità, nell’arte e nel sentimento religioso (l’umano integrale) il suo inviluppo per non dire il suo limite.

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  2. Giusto! Abbiamo tutti la possibilità di scegliere se essere uomini oppure vaghe immagini di umanità. Scegliere di perseguire una libertà effettiva significa dare credito al desiderio di felicità che sentiamo in noi ed alla immensa Possibilità che si schiude davanti a noi

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