Il perdono che salva

Bruno Perazzolo

Tutti sappiamo che perdonare spesso è difficile, PERO’ ci rendiamo meno conto del fatto che, a volte, perdonare può salvare la vita di chi perdona. Di più! Quando ci si accorge che la propria indulgenza è servita a far rialzare una “persona degna”, il perdono può addirittura migliorare la vita di chi si è dimostrato indulgente. È questa l’idea che, probabilmente, sta all’origine della pellicola, al solito decisamente ben condotta nella maniera in cui, da tempo, il cinema francese ha mostrato di saper fare.

Michelle è un’ex prostituta che, con la nascita della figlia (Valérie), ha abbandonato la professione. Il rapporto con la figlia è stato, poi, un idillio. Un idillio che è durato sino a quando non s’è saputo dell’ex professione di Michelle. Valérie, negando alla madre persino il rapporto con l’amato nipote Lucas, non perdonerà mai la “caduta” di lei arrivando a farne il motivo della sua propria “caduta”.

Idem Marie – Claude. Anche lei ex prostituta, si trova a gestire un rapporto difficile con il figlio Vincent. Un tipo emotivo, capacissimo di ficcarsi nei guai, che, però, si dimostra anche capace di perdono e di empatia. Un “drammatico incidente” porterà Michelle, Lucas, Marie-Claude e Vincent a condividere e custodire abilmente un grande, doloroso segreto nell’ottica di una “nuova vita buona”.

Dopo la splendida commedia, “Mon Crime – la colpevole sono io”, in cui Ozon, giocando con le nostre debolezze, costruisce trame tanto improbabili quanto esilaranti, questa volta è il paesaggio della campagna borgognona a fare da sfondo. A fare da scenario ad un dramma decisamente meno divertente, ma altrettanto coinvolgente e profondo riguardo alle nostre più comuni vicende umane. Regia di François Ozon con Josiane Balasko, Garlan Erlos, Hélène Vincent, Ludivine Sagnier, Pierre Lottin. Genere Drammatico, – Francia, 2024, durata 102 minuti. Uscito nelle sale cinematografiche il 10 aprile scorso, il film non è ancora visionabile in streaming.

2 commenti

  1. Penso che non esista peggior giudice di un figlio o di una figlia nei confronti di una madre o di padre che ha sbagliato. Sempre ammesso poi che si tratti di sbaglio. Un figlio o una figlia, reclamano genitori perfetti e non ammettono errori da parte loro. I figli giudicano spietata – mente e puntando il dito contro, non vogliono sentir ragioni. Vincent però ha saputo perdonare, superando pertanto quel muro che lo avrebbe inevitabilmente separato dalla madre. Il perdonare o l’essere perdonati, una delle grandi prove a cui tutti noi, prima o poi, nella vita, siamo sottoposti.
    Penso che ci doniamo, quando perdoniamo.
    Donata

    1. Author

      Grazie Donata. Concordo su tutto. Aggiungo che il “rigore dei figli” si giustifica con il bisogno di avere, nei genitori, degli esempi concreti, dei testimoni di quanto hanno trasmesso loro come modello di vita. Però, anche per i figli vale la regola più generale che tu hai espresso come meglio non si poteva. Il perdono come forma, forse la forma più alta, del dono – di misericordia. Il perdono, perciò, rappresenta una forma di sacrificio sempre necessario e persino dovuto quando è nell’ottica di una vita buona per tutti, cioè del bene comune più prezioso.

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