L’importanza di essere amati sin dall’inizio

di Bruno Perazzolo

Bella Baxter è una ex suicida rediviva. A resuscitarla non è però il miracolo, ma l’opera di uno scienziato chirurgo, esso stesso fatto oggetto delle spietate “mire di grandezza cognitiva” del padre di lui. Il sistema che riporta Bella nel mondo dei vivi è, all’apparenza, semplice: impiantare il cervello della bimba che porta in grembo nel cervello di lei. Che questo “scambio di cervello morto con cervello vivo” rappresenti solo un espediente narrativo, lo si capisce presto dal resto della pellicola che, ad ogni successiva scena, allontana lo spettatore dall’idea che si tratti della riproposizione fantascientifica di Frankenstein o della finta Maria del film Metropolis. Niente di tutto questo e, a mio parere, niente a che fare anche “con il mito del buon selvaggio” che, la maggior parte della “critica professionale” che mi è capitato di leggere, ha preteso di intravvedere nelle peripezie della rediviva. Bella Baxter, in virtù dell’alchimia del suo creatore, il Dr Godwin, è semplicemente una “neonata” ospitata nel corpo di un’adulta la cui evoluzione comportamentale, “il grande chirurgo” Godwin, presume di poter conoscere grazie al pieno controllo sull’ambiente in cui, la povera creatura (Bella), è costretta a muoversi. Si sa, però, come vanno a finire queste cose. La creatura, prima o poi, trova il modo di sottrarsi ai suoi carcerieri anche perché, questi ultimi, atteggiandosi piuttosto come persone gentili e  premurose, non si comportano affatto come secondini. È così, dunque, che Bella inizia il suo viaggio. Una vera odissea senza sconti. Un’odissea alla scoperta di se stessa al termine della quale Bella ritroverà la via di casa tornando dalle persone che l’hanno sempre amata e che le hanno dato quel “viatico di fiducia iniziale” senza il quale nessun uomo è in grado di comprendersi appieno nell’unico modo possibile: aprendosi al mondo. Regia di Yorgos Lanthimos, con Emma Stone, Mark Ruffalo, Willem Dafoe, Ramy Youssef, Christopher Abbott, USA 2023, durata 141 minuti, il film, commedia – drammatica non ancora disponibile in streaming, è stato pluripremiato da giurie e botteghino e – anche grazie ad una scenografia fantastica nel senso proprio del termine e ad un’interpretazione scoppiettante e carica di ironia – promette di tenere lo spettatore letteralmente attaccato allo schermo per essere poi ricordato come un altro capolavoro del cinema.

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2 commenti

  1. Ho visto il film.
    Marita tutte le sue candidature ed i suoi premi.
    Personalmente penso che sia uno di quei films che vanno “ruminati” con la testa nei giorni successivi per coglierne a pieno il simbolismo, del quale ne è pieno.
    Di grande attenzione sociale, credo che il film intenda rappresentare la rivalsa dell’universo femminile rispetto al suo maschile. L’uomo, il maschio, è in secondo piano ed in una condizione di inferiorità.
    Bellissima la fotografia, una musica di sottofondo che accompagna tutto il film dal primo fotogramma all’ultimo appesantisce un poco. Lei di una bravura magistrale.
    Credo possa diventare uno dei punti saldi e di riferimento nella storia del cinema concettuale.

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    1. Grazie Dante. Confesso che l’aspetto della rivalsa dell’universo femminile mi era sfuggita, ma è sicuramente come dici tu. Non è casuale che tocchi ad una donna “attraversare il mondo” per farsi un’idea di sè. Concordo sulla necessità di “ruminare”. Quanto alla musica, qui si vede l’esperto protagonista e attore di teatro quale sei tu. Anche a questo particolare non ho fatto caso 😒

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