La “cultura” ha in sé la parola “coltivare” che è necessariamente “sociocultura”.  L’idea della pianta della quale “prendersi cura”. Accogliere i nostri ragazzi in classe pensando alla cultura – coltura che chiama in causa il “prenderci cura” del nostro sapere, della nostra vita, è un’idea che vorrei sviluppare e condividere con i colleghi.

A volte vorrei poter esprimere queste parole nei momenti più condivisi, ma mi occorre sempre più tempo per maturarle e poi fatico nelle situazioni più formali e istituzionali, è un mio limite, sul quale senz’altro vorrei lavorare.

Il limite che io sento fortissimo è il volto liquido dei miei studenti, di fronte ai quali il silenzio non esprime pienezza, come dal vivo, ma il silenzio a volte è il nulla. Io credo che dobbiamo lavorare proprio confrontandoci con questo “nulla” che si manifesta, senza perderci di coraggio, alimentando la resilienza, che non è solo quella dei nostri studenti, ma è anche e soprattutto la nostra.
Il nulla lo sento tutte le volte che accendo il pulsante del pc per fare lezione con i miei studenti. Tuttavia questa consapevolezza mi dà al tempo stesso forza. E ricomincio da capo.

Credo che la valutazione dei life skill di questi aspetti sia fondamentale, ma che non necessariamente debba tradursi in termini quantitativi, o per lo meno non in modo schematico.
Se penso alla “luce che si accende” negli occhi degli studenti, credo che questa luce debba essere innanzitutto vista, riconosciuta. Voglio dire che occorre maturare in noi dapprima una sensibilità per cogliere con rispetto e umiltà queste life skills. A volte ci sono studenti molto timidi, che parlano senza parlare. Anche per loro occorre uno sguardo attento.
A volte ci sono studenti che fanno di tutto per nascondere il loro lumicino interno.
Il discorso si amplia.

Loading spinner

I commenti non sono attivi, trackbacks e pingbacks sono attivi.